lunedì 27 gennaio 2014

Liberi di Scrivere: recensione di "La scelta di Lazzaro"



Anch’io avevo sparato, in Italia, nella mia esistenza precedente. Ma era qui che si era svolta una guerra vera, durata quattordici anni. Una guerra atroce, che aveva fatto letteralmente scomparire il centro della città, gli alberghi, il mitico Saint-George, la passeggiata sul lungomare. Desolazione, rancore e morti a grappoli, a ondate.
«Ormai ci avevamo fatto l’abitudine», mi diceva Samar. «E la gente usciva lo stesso. Noi bambini andavamo a scuola e spesso dovevamo rimanere lì anche a dormire, perché non potevamo tornare a casa. Senza luce, senza telefono, perché i cavi erano saltati con le bombe. I più ricchi avevano installato un generatore privato. La cosa terribile era che mia madre non sapeva mai se ero viva o se ero morta.»
Esponente del cosiddetto noir sociale, impegnato, di denuncia, corrente che negli anni 70 vede affermarsi autori prevalentemente francesi, per cui coniarono il termine neo polar, Alessandro Bastasi è un autore interessante e per il gusto di chi scrive degno di attenzione, capace di unire ad una capacità espressiva di tutto rispetto, un coraggio civile che gli fa affrontare temi anche scomodi o per lo meno controversi. Come appunto è successo in questo romanzo La scelta di Lazzaro, edito unicamente in ebook, per la francese Meme Publishers – Paris, in cui affronta il tema del terrorismo e delle conseguenze e delle ripercussioni delle nostre azioni, a cui non possiamo sfuggire, anche se passa il tempo, anche se cambiamo e non siamo più le persone che eravamo. Gli editori tradizionali hanno esitato a pubblicare questo romanzo, temendo di ferire sensibilità, di inerpicarsi in temi scabrosi e problematici, di turbare il già esiguo parco dei lettori italici, preoccupazioni comprensibilissime da un certo punto di vista, anche se piuttosto avvilenti. La maturità dei lettori credo sia superiore a quella a loro attribuita, e la capacità di affrontare un tema complesso e anche doloroso come il terrorismo, credo non vada negata a prescindere. Anche se va detto si è fatto ben poco in questi anni per venire a patti, e metabolizzare una realtà che ha pesantemente influenzato la nostra storia e di cui volenti o nolenti ne vediamo ancora le conseguenze tutt'oggi. La lotta armata degli anni 70 in Italia, è stata quasi dimenticata, se non rimossa, lo Stato ha vinto, molti militanti di allora, diventati pentiti, sono tornati nella vita civile e scrivono editoriali sui giornali. Ben venga quindi anche solo un romanzo, un’ opera di fantasia, che ci aiuti a riflettere, a porci dei problemi, a non nascondere la testa sotto la sabbia, pensando che sia meglio non vedere, che venire a patto con realtà scomode e dolorose, appunto. Come ha detto Bastasi in un’ intervista non è un’agiografia di un terrorista, ma è una storia che aiuta a fare i conti con i dubbi e gli ideali traditi di una generazione, riproponendo nuovi dubbi, nuovi interrogativi. Detto questo, che mi sembrava doveroso, per rispetto delle vittime del terrorismo, di tutti i terrorismi compresi quelli di stato, ricordando che è appunto solo un romanzo, senza pretese di testimonianza o di verità conclamate, mi permetto di far notare che questo tema è quanto mai attuale, a causa delle recrudescenze del terrorismo islamico post 11 settembre, data piuttosto surreale che ricorda come ormai la guerra non è più relegata in territori lontani da noi, ma è ovunque, nelle nostre città del ricco occidente, pronta a esplodere in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo. Protagonista del romanzo è Lazzaro Mainardi, ex militante di Azione Proletaria, un uomo conscio di suscitare quella diffidenza che gli crea il vuoto intorno. Forse perché non mi ero mai formalmente staccato dal mio passato. Forse perché considerato corresponsabile della morte di tanta gente. Un uomo che ha visto la guerra, e fotografato il massacro di Sabra e Shatila, compiuto dalle falangi libanesi, essendo stato in una sua vita precedente appunto fotografo. Mi pesava invece attraversare la città, ancora un cumulo di macerie, i muri sbriciolati dalle granate o crivellati dalle raffiche di kalashnikov, con le finestre vuote e senza vetri che mi fissavano e mi seguivano mentre camminavo. E uomini che mi correvano incontro, per farmi acquistare uno pneumatico usato, o per affittarmi una macchina scassata, o per vendermi una ragazzina. Soprattutto, mi pesava ricordare che quella era la città dove, nel campo di Sabra, nel 1982 avevo fotografato l’apocalisse.
Dopo aver scontato un periodo di detenzione per reati di terrorismo, sempre senza pentirsi, tornato in libertà, si impegna a ricrearsi una vita con l’amata moglie Samar, fondando una casa editrice dedicata all’ecologia. La stramba idea di aprire una casa editrice dedicata all’ecologia! Trattamento dei rifiuti, effetto serra, dissesto idrogeologico del paese. Saggi travestiti da romanzi, narrativa centrata sui dibattiti in corso. Contaminazione di generi spinta all’eccesso. Cui nessun critico, nessun giornale, nessun blog del settore dedicava un minimo di attenzione. Come se avessero concordato un cordone sanitario attorno alle edizioni “Autunno Verde”. Ero costretto a pubblicare solo esordienti, le “promesse della letteratura ecologista”. Poi un giorno si rifà vivo un suo compagno di lotta «Eccolo, è arrivato», sentii che gli diceva Leonardo. «Dottore, c’è qui un suo amico che la cerca!», gridò, rivolto a me.
«Amico? E chi sarebbe?»
«Sono io, Orson, non riconosci più i compagni? O preferisci che ti chiami Kane?»
Un colpo al cuore mi fece sussultare il petto facendomi cadere le chiavi dalle mani.
Erano decenni che nessuno mi chiamava più con quel nome.
Il mio nome di battaglia quand’ero militante di Azione Proletaria. C’erano Sirio, Straccio, Coniglio, Tigre… Il mio era Orso, ma avevo preferito Orson perché ero un patito di Orson Welles e del suo capolavoro, Citizen Kane. E il tempo delle scelte torna quanto mai attuale.
La storia si dipana nell'arco di trent'anni dal 1986 al 2012, anno in cui è maggiormente concentrata la narrazione. Il luogo è Milano, la sua amata moglie Samar è morta, un’altra donna Barbara gli è vicino, una donna che nasconde qualcosa. E nello scorrere dei giorni i ricordi dell’arrivo dei Carabinieri nel casale dove si erano rifugiati, gli ideali di gioventù, il coraggio, nascosto dai mille volti della paura, il tradimento, l’amore, la voglia di riscatto e di giustizia, la situazione attuale culla di nuove violenze e nuovi fondamentalismi, tutto ritorna vivido e doloroso, fino al finale, quasi una condanna, forse una liberazione.

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